Madhya Pradesh

I giganti di pietra del forte di Gwalior

I giganti di pietra del forte di Gwalior 1024 682 Sonia Sgarella

Dici Gwalior e sembrerebbe che in pochissimi sappiano dove si trovi; non sto parlando ovviamente di chi in India non c’è mai stato, sarebbe comprensibile, ma di chi l’India l’ha visitata più volte. Di queste persone ne ho incontrate tante: tutti sono stati in Rajasthan, tutti sono passati dal Taj Mahal, tutti si sono persi nell’atmosfera senza tempo di Varanasi, qualcuno ha anche visitato i templi di Khajuraho e si è goduto la tranquillità di Orcha; eppure quasi nessuno si è accorto che sulla mappa, proprio lì, tra queste principali rotte turistiche, si trova la città di Gwalior, una bellezza che in tanti si perdono e che giunge inaspettata per chi invece le dedica del tempo. Ammassata ai piedi di un’immensa rupe di roccia calcarea che domina il panorama della città, Gwalior non solo costituisce un’ottima tappa intermedia lungo il percorso ma vale la pena a prescindere e vi stupirà per il fantastico patrimonio artistico/culturale di cui è custode.

Gwalior Fort

A Gwalior, si dice, tutto cominciò con un re, un saggio ed un miracolo: c’era una volta infatti, racconta la leggenda,  un principe di nome Suraj Sen, della dinastia Rajput dei Kushwaha, che giunse fino alla cima di questo immenso altipiano durante una battuta di caccia. Assetato, il principe chiese un po’ d’acqua al saggio Gwalipa, che incontrò strada facendo e il quale, colpendo una roccia, ne fece sgorgare una sorgente di acqua fresca. Suraj Sen non solo bevve ma ne approfittò per rinfrescarsi senza sapere che quell’acqua miracolosa lo avrebbe curato dalla lebbra che gli affliggeva la pelle. Incredulo ai suoi occhi ed estremamente riconoscente nei confronti di Gwalipa, Suraj Sen chiese al saggio come avrebbe potuto ripagarlo dell’aiuto. Egli rispose: “crea una vasca per quest’acqua curativa e fai di questo luogo la tua capitale”. Così fece Suraj Sen nominando la nuova città Gwaliawar, “il regalo del saggio Gwalipa” che da qui cominciò la sua storia di ascesa e di successo.

Per raggiungere l’epoca d’oro di Gwalior bisognerà però aspettare ancora qualche secolo quando, a partire dal 1398, dopo un periodo di dominazione turca, il comando della città tornò nelle mani di un clan Rajput, quello dei Tomar. Fu infatti Man Singh Tomar (1486-1516), il quale commissionò la costruzione del meraviglioso Man Singh Palace – a detta dell’esploratore Cunningham “il più nobile esemplare di architettura domestica dell’India del Nord”- che fece guadagnare al Forte di Gwalior l’appellativo di “perla tra le fortezze dell’India”. Effettivamente il Chit Mandir, “il palazzo dipinto”, incanta il visitatore non solo per l’imponenza e per la sua posizione, ma soprattutto per la vivacità dei mosaici in ceramica che ne decorano le facciate, a partire da quelle in prossimità della Porta degli Elefanti (Hatiya Paur Gateway).

Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior

Il modo migliore per approcciare il Forte di Gwalior è quello di risalire il versante della collina accedendo dalla porta principale (Kila Gate o Gwalior Gate): innalzandovi lentamente di quota vi si apriranno infatti degli scorci magnifici sulla città e inoltre manterrete la giusta prospettiva sul palazzo che si svelerà a poco a poco davanti ai vostri occhi, man mano che vi avvicinerete.

Gwalior Fort Gwalior Fort Gwalior Fort

Lungo il percorso vi troverete di fronte a qualcosa di veramente interessante: un cartello vi indica la direzione per raggiungere lo “Zero più antico”, ovvero il punto in cui il numero zero si trova rappresentato, per la prima volta nella storia, nell’attuale forma numerica – tanto per intenderci come un tondino. Un’epigrafe custodita all’interno di un piccolo tempio risalente al IX secolo d.C. – il Chaturbhuj Temple – dimostrerebbe quindi che lo zero, che noi conosciamo come numero arabo, sia stato invece una creazione indiana. Impossibile definire dove, quando e da chi esattamente venne inventato ma fatto sta che quella di Gwalior risulti essere l’iscrizione databile più antica. Chiedete al custode di aprirvi la cella del tempio e guardate alla destra di Vishu: provate ora a cercare tra quelle lettere incomprensibili il numero 270. Vi stupirete nel vedere quanto questo assomigli ai nostri caratteri numerici!

Chaturbhuj Temple - Gwalior Chaturbhuj Temple - Gwalior Chaturbhuj Temple - Gwalior

Pagato quindi il biglietto d’ingresso al palazzo, accedete al cortile principale dove ad incantarvi saranno i rilievi sulle colonne e le griglie perforate dietro alle quali si nascondevano le donne per assistere agli spettacoli musicali senza essere viste. Nonostante gli interni risultino molto più sobri, anche qui si ritrovano splendide decorazioni in ceramica che donano vivacità e colore alla pietra di questo palazzo il quale venne abitato successivamente da alcuni imperatori Mughal, che ne trasformarono i piani sotterranei in prigioni reali.

Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior Man Singh Palace - Gwalior

Continuate ora verso i Templi Sasbahu che troverete con circa 15 minuti di cammino lasciandovi il palazzo alle spalle e proseguendo oltre il chiosco delle bevande, mantenendo sempre la sinistra. Risalenti all’XI secolo, i templi sono riccamente decorati e ricordano nello stile alcuni santuari del Gujarat tanto che gli studiosi concordano oggi sul fatto che gli artisti dovessero provenire proprio da quella zona dell’India. Dai templi, che sono un luogo di pace e per nulla frequentato, vi si apriranno delle viste magnifiche sulla città.

Sasbahu Temples - Gwalior Sasbahu Temples - Gwalior Sasbahu Temples - Gwalior

Sasbahu Temples - Gwalior

Ora volendo continuare con la visita dei templi all’interno del forte potreste proseguire fino al Gurudwara Data Bandi Chhod e al Teli Ka Mandir ma se siete stanchi, affamati e il sole comincia ad essere troppo forte, ritornate verso il chiosco delle bevande a da lì prendete la strada in discesa che conduce fino alla Porta Urwahi. E’ proprio qui, lungo il percorso, che realizzerete quanto sia valsa la pena fermarvi per una visita a Gwalior: se di palazzi e di templi infatti ne avrete già visti una serie infinita, di trovarsi di fronte a giganti di pietra non capita tutti i giorni!

Scavati nella roccia sui versanti delle montagne che formano la Valle di Urwahi, le imponenti statue monolitiche dei 24 santi Jainisti, i cosiddetti Thirthankara (“Costruttori di Guado”), sono uno spettacolo che vi lascerà increduli ed entusiasti al tempo stesso: la più alta raggiunge i 19 metri e rappresenta Adinath, il “Signore del Principio”, in posizione eretta, mentre ve ne sono altre che li vedono seduti nella classica “posizione del loto”. Gli studiosi oggi concordano nel datare attorno al XV secolo questa grandiosa opera d’arte che fu molto probabilmente commissionata da una regina Tomar la quale fu una fedele Jaina o forse, più semplicemente, rimase affascinata da questa religione tutta incentrata sul concetto della non-violenza.

Jain Statues - Gwalior Jain Statues - Gwalior Jain Statues - Gwalior Jain Statues - Gwalior

Dove dormire: in zona stazione vi sono diverse opzioni. Io sono stata all’Hotel Mayur che fa parte del gruppo OYO Rooms. 550 Rupie la singola.

Dove mangiare: decisamente da provare per colazione e pranzo è l’Indian Coffe House, su Station Road. Aperto fino alle 19.00.

L’incanto di Orchha

L’incanto di Orchha 1024 684 Sonia Sgarella

Sono arrivata ad Orchha in un pomeriggio di primavera, quando ancora la campagna del Madhya Pradesh è punteggiata dai meravigliosi fiori arancioni degli alberi di Palash; sono arrivata ad Orchha perché mi avevano detto che mi sarebbe piaciuta ma mai avrei pensato di rimanerne così affascinata.

Albero di Palash - Orchha

Un piccolo villaggio dove dimenticarsi per qualche giorno dei mezzi di trasporto, non perché non ve ne siano ma perché non ne avrete bisogno. Tutto ad Orchha è facilmente raggiungibile a piedi: il fiume, i templi, i palazzi e i cenotafi; ad Orchha vedrete l’incanto dei tempi passati rivivere nella roccia dei suoi monumenti i quali raccontano una storia, quella dei sovrani della dinastia Bundela e delle loro regine.

Cominciate presto al mattino, esattamente alle 8 (o alle 9 se da ottobre a febbraio), quando all’interno del Ram Raja Temple si riuniscono i devoti per la puja al dio Rama. Racconta la leggenda che questo splendido edificio piastrellato con marmo bianco venne commissionato nel XVI secolo dal sovrano Madhukar Shah come palazzo per la sua regina, Rani Ganesh. Fu proprio lei, anche chiamata Kamla Devi, che di ritorno da un viaggio ad Ayodhya portò con sé l’immagine sacra del grande dio la quale, una volta appoggiata all’interno del palazzo, non poté più esserne rimossa. Il palazzo venne quindi trasformato in un tempio che costituisce oggi un importante luogo di pellegrinaggio per i devoti di Rama, settima incarnazione di Vishnu, venerato qui anche in qualità di re (raja) e insignito quindi del turbante reale. Accanto a lui la consorte Sita come regina e il fedele fratello Lakshman vestito da principe.

Rama Raja Temple - Orchha Rama Raja Temple - Orchha

A parte il Ram Raja Temple che, in quanto luogo di culto attivo, non è a pagamento, tutto il resto, ad Orchha, lo è. Il biglietto cumulativo per la visita ai monumenti può essere acquistato solo all’ingresso della cittadella, oltre il ponte Bir Singh, ad un costo di 250 rupie più 25 per l’utilizzo della macchina fotografica. Il biglietto ha la validità di un solo giorno per cui preparatevi all’esplorazione con una colazione abbondante e cominciate subito con il complesso dei palazzi reali, quando ancora le comitive di gruppi organizzati non hanno raggiunto la cittadina.

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RAJA MAHAL PALACE

Costruito sulla cima di una collinetta, il solido e squadrato palazzo reale, il primo ad essere edificato in posizione strategica sull’isola che sorge alla confluenza tra i fiumi Betwa e Jamni, costituisce un’ottima introduzione allo stile architettonico dei sovrani Bundela: grandi cortili su cui si affacciano i balconi intarsiati degli appartamenti reali e una serie di passerelle ad incastro che si innalzano fino a permettere l’accesso ai livelli più alti culminanti con meravigliosi padiglioni a cupola e torrette.

Raja Mahal - Orchha Raja Mahal - Orchha

Nonostante la struttura risulti dall’esterno estremamente sobria e priva di particolari decorazioni, basta soffermarsi ad ammirare le stanze interne e la profusione delle magnifiche pitture intonacate sulle pareti e sui soffitti, per immaginare l’opulenza che doveva trasmettere questo luogo al tempo di Madhukar Shah (1554-1592 d.c.) che qui visse insieme alle sue “favorite”. Alcuni di questi fregi, soprattutto quelli riparati dalla luce del sole, si trovano ancora ancora oggi in perfetto stato di conservazione permettendo così di riconoscere chiaramente immagini che raccontano delle numerose incarnazioni di Vishu, delle imprese di Rama e Krishna, nonché scene di caccia e momenti di festa.

Raja Mahal Paintings - Orchha Raja Mahal Paintings - Orchha

E’ inutile dirvi quanto dai livelli più alti la vista sia magnifica per cui altro non vi resta da fare che munirvi di tutto lo spirito d’esplorazione di cui siete dotati e perdervi tra i mille passaggi, divertendovi a scovare gli angoli più nascosti di questo intricato capolavoro.

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JEHANGIR MAHAL PALACE

Se l’ingresso al Raja Mahal mi aveva stupito, il primo impatto con il Jehangir Mahal mi ha lasciato letteralmente senza parole! La stessa reazione dovette evidentemente averla anche l’architetto britannico Edwin Lutyens, incaricato di progettare l’impianto urbanistico di New Delhi e che si dice aver preso ispirazione proprio da qui. Commissionato nel 1605 da Bir Singh Deo, figlio di Madhukar Shah, nonché “il più grande sovrano di Orchha”, il Jehangir Mahal venne concepito come biglietto di benvenuto per la visita a corte dell’imperatore Mughal che qui si recò in un’unica occasione. Sicuramente il più ammirato, il palazzo appare molto più ricco di decorazioni rispetto al Raja Mahal, a partire dal grandioso portale con elefanti che consente l’accesso al cortile principale.

Jehangir Mahal -Orchha

Motivi geometrici e floreali composti con piastrelle di ceramica color turchese ne decorano ancora le facciate mentre all’interno una profusione di decorazioni lignee ne abbellisce i balconi e le terrazze, sovrastati da quelle cupole a cipolla che sono caratteristica peculiare dell’architettura indo-islamica. L’insieme di tutti questi elementi esprime senz’altro un senso di straordinaria ricchezza.

Jehangir Mahal - Orchha Jehangir Mahal- Orchha Jehangir Mahal - Orchha

La vista sulla campagna sconfinata e sugli altri monumenti di Orchha, anche in questo caso, vale senza dubbio la salita ai piani più alti. Da quassù inoltre vi farete un’idea più chiara dei prossimi passi da percorrere.

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RAI PRAVEEN MAHAL

Proseguite la visita passando accanto al Shyam Daua Ki Kothi e al Rasaldar Ki Kothi, alle stalle dei cammelli e degli elefanti, per arrivare quindi al palazzo di Rai Praveen, la leggendaria concubina di Raja Indramani (1672-75) che fu vassallo dell’imperatore Mughal Aurangzeb. Secondo i racconti Rai Praveen fu una bellissima danzatrice, cantante, musicista e poetessa che risiedette in questo palazzo dove all’interno si conservano ancora magnifici dipinti. Bellissimi gli scorci sul Jehangir Mahal.

Rai Praveen Mahal (2) Rai Praveen Mahal - Orchha

Da qui è possibile continuare verso una serie di altri piccoli monumenti che troverete seguendo il sentiero di campagna, oltrepassata la porta Shahi Darwaja. Tra questi il Teen Dasiyon Ka Mahal, ovvero il “palazzo delle tre inservienti” e il piccolo Shiv Temple.

Teen Dasiyon Ka Mahal - Orchha

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CHATTURBHUJ TEMPLE

Forse l’edificio più appariscente per la verticalità delle sue forme e ben visibile da ogni angolo della cittadina. Costruito su una grandissima piattaforma di pietra e raggiungibile attraverso un’ampia scalinata, il tempio venne edificato per custodire l’immagine sacra di Rama trasportata ad Orchha dalla Regina Ganesha e che invece non fu più possibile spostare dal Ram Raja Temple, dove si trova collocata ancora tutt’oggi.

Chatturbhuj Temple - Orchha

Chatturbhuj Temple - Orchha

Unico nelle sue forme che vennero studiate da diversi architetti e i quali ne misero in rilievo le particolarità: pianta cruciforme come quella di una chiesa cristiana, assenza di fregi e ornamenti come l’interno di una moschea, presenza di una cella sacra e della sala per le preghiere come nei templi hindu. L’unica interpretazione logica sarebbe che la costruzione venne commissionata a degli architetti musulmani i quali inserirono caratteristiche tipiche dell’arte islamica in un tempio che venne ideato per ospitare una divinità indiana, dedicato alla figura di Vishnu con quattro braccia. Munitevi di una torcia per risalire la stretta scalinata che vi porterà all’altezza delle guglie, fino alla terrazza panoramica da cui vi garantirete una visuale a 360° su tutta Orchha.

Chatturbhuj Temple - Orchha

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LAKSHMINARAYAN TEMPLE

Dopo aver ripreso le forze con una meritata pausa pranzo, continuate la visita verso il Lakhsminarayan Temple che custodisce le pitture più raffinate e meglio conservate di tutta Orchha. Costruito nel 1622 e commissionato dallo stesso Bir Singh, il tempio, che nella struttura ricorda più l’aspetto di una fortezza è famoso per la particolarità delle pitture, le quali raccontano storie sia leggendarie che secolari.

Lakshminarayan Temple (3) Lakshminarayan Temple (4) Lakshminarayan Temple (6) Lakshminarayan Temple (7)

Episodi dei poemi epici, miti riguardanti varie divinità ma anche scene di battaglia con protagonisti i membri dell’esercito britannico, adornano le pareti e i soffitti dei corridoi interni di questo tempio, trasformando il luogo in un interessantissimo e curioso concentrato di opere artistiche dove perdersi per almeno un’ora, lasciando così trascorrere le ore più calde del giorno. Tornando verso il centro godetevi la magnifica vista panoramica.

Lakshminarayan Temple (9)

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BUNDELA CHHATRIS

Dirigetevi ora verso l’ultima meraviglia di Orchha, anch’essa inclusa nel biglietto cumulativo d’ingresso ai monumenti: sono i cenotafi dei membri della dinastia Bundela che si ergono fieri lungo la riva destra del fiume Betwa. Tra questi il più imponente  è quello di Bir Singh Deo ma ve ne sono ben altri quindici tra cui potrete intrattenervi fino all’ora di chiusura, aspettando il tramonto.

Centoafi Orchha

Un giorno ad Orchha comunque non basta, la cittadina deve essere vissuta con calma, bisogna avere il tempo di perdersi tra le casette colorate e tra i suoi bazar. Se siete quindi riusciti ad ultimare la visita ai suoi monumenti in un solo giorno, tenetevene almeno un altro per passeggiare tranquilli tra le sue vie, parlare con gli abitanti (i quali vorranno tutti invitarvi a casa loro) e magari, perché no, se il livello dell’acqua lo permette, godervi il fiume facendo water rafting.

Se state cercando una sistemazione super budget ma dignitosa (intendo con tanto di acqua bollente e lenzuola pulite!) andate alla Temple View Guest House, a due passi dal Ram Raja Temple. Io ho pagato 3 euro a notte! 🙂

Tra arte e tantra: la seducente perfezione dei templi di Khajuraho

Tra arte e tantra: la seducente perfezione dei templi di Khajuraho 1024 684 Sonia Sgarella

Mi è stato insegnato all’università che per raggiungere i vertici di perfezione nella scultura e nell’architettura templare dell’India del Nord, bisogna mettersi in cammino verso il piccolo villaggio di Khajuraho, nello stato del Madhya Pradesh. Capite dunque perché – rispondo a quanti me lo hanno chiesto – io non ci fossi mai stata prima? I templi di Khajuraho costituivano per me l’apice di un percorso di studi, una meta da raggiungere ben preparata, la “ciliegina sulla torta” che volutamente ho lasciato come una delle ultime tappe per un ennesimo viaggio in India.

I templi dell’India, come già vi raccontavo in altre occasioni, si dividono in tre categorie principali, nagara, vesara e dravida, ognuna delle quali con le sue peculiarità architettoniche più o meno marcate e al cui interno ricadono le varianti locali di ciascuna: negli Shilpashastra, antichi trattati di architettura e scultura, il tempio classico dell’India del Nord, viene definito con il termine nagara (“cittadino”) che vede come elemento caratteristico e marcatamente visibile, la presenza di una guglia torreggiante (shikhara) a sovrastare la cella custode dell’immagine sacra. Khajuraho è il luogo che conserva le forme più compiute e più eleganti in assoluto di tutti i templi nagara sopravvissuti fino ai giorni nostri!

Kandariya Mahadeo Temple - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Ancora oggi un piccolo villaggio immerso nella meravigliosa campagna dello stato del Madhya Pradesh, Khajuraho, l’antica Khajjuravahaka (“quella che ha tanti alberi di palma”), fu un tempo la capitale del regno dei Chandella, i quali si affacciarono alla storia verso l’inizio del X secolo, prosperando nella regione del Bundelkhand (oggi divisa tra Madhya e Uttar Pradesh) fino all’inizio delle conquiste islamiche, intorno al 1200. Il mecenatismo di questi sovrani, per i quali la costruzione di un tempio era il mezzo privilegiato per affermare, legittimare e glorificare il proprio potere, li portò a commissionare in questa zona oltre 80 templi, di cui se ne conservano intatti ancora una trentina, uno più bello dell’altro!

Simbolo della dinastia Chandella - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Simbolo della dinastia Chandella – Gruppo Occidentale – Khajuraho

Compatti e slanciati verso il cielo, i templi di Khajuraho si distinguono per l’enfasi sulla dimensione della verticalità che viene data sia dalla presenza dello svettante shikhara sia dall’alto basamento su cui poggiano e sul quale il visitatore deve salire per poter compiere la circumambulazione rituale (pradakshina) prima di accedere all’interno, verso la cella sacra. Si racconta che originariamente i templi di Khajuraho fossero come isole, circondati dalle acque di un lago ornamentale di cui il famoso viaggiatore marocchino Ibn Battuta, che arrivò in India nel XIV secolo, ne racconta la grandezza. Oggi purtroppo di quel lago non vi è più traccia ma, in compenso, i templi – così come è tipico di tutti i monumenti protetti dall’Unesco – si trovano immersi nel verde di curatissimi giardini dove è piacevole passeggiare.

Kandariya Mahadeo Temple - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Se la perfezione delle forme architettoniche ha garantito ai templi di Khajuraho un posto d’onore nella storia dell’arte dell’India, è tuttavia la straordinaria ricchezza della decorazione scultorea a rendergli il titolo di capolavoro: la sensualità e la morbidezza delle forme, l’eleganza dei dettagli ma sopratutto il tema erotico di alcune immagini sono ciò che porta i templi ad eccellere nel loro genere, ciò che stupisce il visitatore e che ha reso Khajuraho una delle mete turistiche più frequentate di tutto il Subcontinente, il luogo dove divinità dell’induismo, provocanti “bellezze celesti” (surasundari) e animali dalle forme fantasiose, condividono le pareti esterne del tempio con uomini e donne in esplicito atteggiamento erotico, segno che al tempo il sesso veniva considerato come un atto da non trascurare, anzi, come un arte da coltivare e valorizzare!

Erotic Khajuraho

Scuture erotiche Khajuraho Scuture erotiche Khajuraho

Si è dibattuto a lungo sul significato che volessero trasmettere i committenti con questa profusione di rilievi raffiguranti amanti in ogni genere di atto sessuale, scene di gruppo, a volte addirittura con l’inclusione di animali. La domanda che sorge spontanea è: come possono queste immagini conciliarsi con la sacralità dell’edificio religioso su cui si trovano? Per poter dare una risposta a questa domanda è necessario elencare ed approfondire alcuni punti fondamentali:

Innanzitutto, nonostante la questione sessuale in India sembri essere un tabù più oggi che nell’antichità, questo non significa che l’induismo sia una religione tutta improntata all’ascetismo né tanto meno che preveda la castità per i suoi devoti; al contrario, all’amore umano in tutte le sue sfaccettature viene riservato un ruolo molto importante nella dottrina, la quale vuole infatti che ogni uomo debba perseguire tre scopi nella vita (trivarga), di cui kama, parola che significa sia “amore” che “desiderio sessuale”, è uno di essi. Non solo: come agli altri scopi (artha, il benessere economico e dharma, la legge sacra), anche al kama è dedicata una vasta letteratura, che vede nel celebre Kamasutra il suo massimo rappresentante. Composto da Vatsyayana attorno al III secolo d.c., il Kamasutra vuole essere un manuale al raggiungimento della felicità amorosa, non soltanto legata al desiderio sessuale – cosa che in tanti pensano erroneamente – ma piuttosto sensuale, ovvero collegato anche alla musica, al buon cibo, ai profumi e così via, in un contesto sociale colto ed elegante.

Kamasutra - Khajuraho

L’immagine delle donna e la sua associazione a fertilità e abbondanza è inoltre considerata fonte di buon auspicio e per questo, la sua rappresentazione sui templi, è resa necessaria. Si ritrova scritto nei testi: “Come una casa senza una moglie, un monumento senza una figura femminile sarà di qualità inferiore e non porterà ad alcun frutto”. I templi di Khajuraho contano definitivamente più sculture di immagini femminili che di divinità: alte, snelle, provocanti e maliziose ma mai volgari, dalle forme sinuose e abbondanti, con gli occhi allungati, i gioielli vistosi e le più varie acconciature, le “bellezze celesti” di Khajuraho, con le loro posture sensuali, trasmettono calore ed esprimono vitalità, quasi fossero reali. Così come la donna è simbolo di fertilità, allo stesso modo dunque, si ritiene lo sia anche la coppia (mithuna), considerata fonte di buon auspicio. A provarlo il fatto che immagini di coppie, si ritrovano già in contesto buddhista, risalenti al I secolo d.c.

Surasundari - Khajuraho

Surasundari - Khajuraho

Mithuna - Khajuraho

La sessualità umana, nel corso dei secoli, comincia ad essere valorizzata come uno strumento volto al superamento della dualità dei sessi e al ricongiungimento di questi  nell’Unità Assoluta, ovvero come fonte di risveglio spirituale e mezzo per il raggiungimento della liberazione, cosa che trova ampio supporto nella corrente salvifica e ritualistica definita col nome di tantrismo, affermatasi nel corso del I millennio sia in ambito induista che in ambito buddhista. Secondo questa concezione filosofica l’unione sessuale della coppia umana – intesa letteralmente o metaforicamente a seconda delle sette – altro non è che uno strumento evolutivo della coscienza, una forma di meditazione dove il corpo possa servire da mezzo salvifico. Durante il X secolo, nel periodo di inizio della costruzione dei templi di Khajuraho, sembrerebbe che la setta tantrica dei Kaula, devoti di Shiva, fosse all’apice della sua popolarità e che gli stessi sovrani Chandella ne fossero patroni. I maestri Kaula sostenevano la pratica di rituali esoterici con l’ausilio delle cosiddette “cinque cose che cominciano per emme” (panchamakara), ovvero matsya, il pesce, mamsa, la carne, madya, l’alcol, mudra, i cereali abbrustoliti e ovviamente maithuna, l’unione sessuale, tutti elementi considerati altamente contaminati in ambito ortodosso brahmanico.

Kamasutra - Khajuraho

Kamasutra

E’ comunque importante notare che le immagini erotiche non coinvolgono mai figure divine e sono rappresentate solo all’esterno del tempio il quale, con la sua struttura e il programma scultoreo che lo adorna, si propone di essere un’immagina complessiva del mondo, se non addirittura dell’universo al cui centro, secondo la tradizionale cosmologia hindu, si innalza la montagna sacra del Monte Meru, rappresentata in questo caso dallo shikara torreggiante. All’esterno del tempio viene dunque rappresentata la vita di tutti i giorni ed è proprio qui che gli scultori si sbizzarrirono nella rappresentazione dell’immagine femminile intenta nelle più svariate attività: c’è quella che si specchia, quella che si trucca, quella che si toglie le spine dal piede, che si pettina, che scrive, etc etc. e tra queste le immagini erotiche, forse concepite per diversi livelli di comprensione: uno più popolare, riconducibile alla teoria del trivarga e uno più esoterico, riconducibile invece alla visione tantrica. Dall’esterno manifesto all’interno non-manifesto, l’ingresso al tempio vuole simboleggiare la ricongiunzione con il divino che è lo scopo di tutti i percorsi spirituali.

Surasundari - Khajuraho

Surasundari - Khajuraho

Surasundari

Non vi è dunque una risposta univoca né di facile interpretazione al perché della presenza di tali sculture: ciò che è sicuro è che non vi è nulla di osceno in esse e che, se l’effetto voluto era quello di portare alla riflessione sull’importanza del tema amore/sesso, i templi di Khajuraho ci riescono alla perfezione!

Le immagini erotiche comunque non sono presenti su tutti i templi bensì solo su quelli appartenenti al cosiddetto “gruppo occidentale”. I templi di Khajuraho si dividono infatti in tre gruppi, occidentale, orientale e sud che assolutamente valgono tutti la pena di essere visitati, ancor meglio se durante le prime ore del mattino quando la luce del sole ne illumina le pareti e le celle sacre e quando ancora non sono stati invasi dalle orde dei gruppi organizzati.

Lakshman Temple - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Lakshman Temple – Gruppo Occidentale – Khajuraho

Shiva lingam - Interno del Khandariya Mahadeo - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Shiva lingam – Interno del Khandariya Mahadeo – Gruppo Occidentale – Khajuraho

Interno del Lakshman Temple - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Interno del Lakshman Temple – Gruppo Occidentale – Khajuraho

Sforzatevi dunque di svegliarvi all’alba per cominciare a godervi le meraviglie di Khajuraho e, perchè no, partite pure dal più antico tra tutti i templi, lo Chausath Yogini, prova tangibile del fatto che la zona fosse una tra le aree di diffusione del culto tantrico.

Chausath Yogini Temple - Khajuraho Chausath Yogini Temple - Khajuraho

Godetevi poi la tranquillità dei gruppi sud e orientale, visitate il Chaturbhuj, il Duladeo, il Parsvanath e il Vamana Temple; concludete quindi con quelli del gruppo occidentale, qui dove l’arte si fa sensuale e perfetta, qui dove i templi raccontano una storia, quella di una grande dinastia ma soprattutto quella di tanti abilissimi scultori i cui nomi non è dato ricordare ma il cui spirito sopravvive ancora nella roccia.

Kandariya Mahadeo Temple - Gruppo Occidentale - Khajuraho

Kandariya Mahadeo Temple – Gruppo Occidentale – Khajuraho

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