Se state viaggiando sulla A4 in direzione Venezia, prendete l’uscita a Peschiera del Garda e da li raggiungete Affi. Imboccate quindi la Strada Provinciale n.11 in direzione Brentino-Belluno e godetevi per i restanti 16 km la bellezza dei vigneti della Val d’Adige.
Il tratto di strada che si snoda tra Rivoli Veronese e Avio, passando per i comuni di Dolcè e Brentino-Belluno, è infatti conosciuto come “Terra dei forti”, una delle due strade del vino che si estendono lungo il corso del secondo fiume più lungo d’Italia (l’altra essendo la Strada del Vino dell’Alto Adige o Sudtiroler Weinstrasse).
La viticoltura specializzata che ne caratterizza l’ordinato panorama dà origine al Valdadige DOC, un vino legato all’identità territoriale più che ad una caratteristica precisa o ad un vitigno particolare. Secondo la tradizione sono infatti molteplici i vini che vantano il titolo d’appartenenza: Terradeiforti Valdadige Chardonnay, Terradeiforti Valdadige Pinot grigio e Terradeiforti Valdadige passito da uve bianche, mentre i vini rossi sono: Terradeiforti Valdadige Casetta (anche riserva), Terradeiforti Valdadige Enantio (anche riserva e passito), vini forti per tradizione come spiega il Consorzio di Tutela. (vedi scheda)
“Terradeiforti” per via di quegli 8 forti che incombono sulla Chiusa di Verona a sud, mentre il Castello medievale di Avio chiude il territorio a nord. Gola tortuosa dalle pareti verticali, la chiusa di Verona insieme alla Valle dell’Adige, rappresenta un’importante via di comunicazione tra il mondo mediterraneo e il mondo alpino, da secoli protagonista della storia militare italo-austriaca in quanto tratto di confine ripetutamente conteso per il dominio sulla fertile pianura.
Tra borghi antichi e pergolati di kiwi e d’uva incorniciati dall’argenteo colore degli olivi, la valle protetta dai Monti Lessini a destra e dal Monte Baldo a sinistra, nasconde preziosi gioielli che vale assolutamente la pena di scovare.
Arrivati quindi a Brentino che si estende sulla parte più alta di un conoide di deiezione modellato dalle rapide del Rio Bissolo, parcheggiate la macchina presso la chiesa di San Giacomo e preparatevi per risalire il versante orientale del Monte Baldo aventi come meta il Santuario della Madonna della Corona, uno tra i più sacri per il pellegrino devoto di fede cristiana.
Luogo unico e di rara bellezza per la particolare posizione che lo vede incastonato in un incavo di roccia a strapiombo sulla Valdadige a circa 600 metri d’altezza rispetto al fondo valle. Probabile luogo di romitaggio già dai secoli XIII e XIV, divenne santuario nel 1625, quando i cavalieri di Malta fecero riedificare la chiesa inaugurata nel 1530, che venne poi completata nel 1680. Ampliato, ritoccato e ristrutturato più volte, il santuario – all’inizio noto col nome di Santa Maria di Montebaldo – divenne appendice della curia diocesana di Verona di cui lo è tutt’oggi.
Dirigetevi quindi dall’altra parte dell’abitato fino a raggiungere uno spiazzo che ospita gli antichi lavatoi fatti costruire oltre cento anni fa dalle donne del paese. Da qui imboccate la Via Santuario e cominciate la salita. Una lunga e regolare scalinata introduce al cosiddetto “Sentiero della Speranza” che vi condurrà al Santuario in circa un’ora e mezza di cammino, tutto in salita!
Non fatevi però ingannare, i gradini ben proporzionati che state percorrendo saranno presto rimpiazzati dalle alzate irregolari di un sentiero faticoso che, inizialmente circondato da bassi cespugli, dopo alcuni tornanti s’inoltra tra alberi di fusto più alto. Vi ritroverete presto come in una fresca galleria di rami e fogliame che ogni tanto lascia spazio a vedute spettacolari sulla valle sottostante .
Dal punto panoramico “La Croce” dove se vi siete muniti di pranzo al sacco potrete fermarvi a pranzare, riuscirete ad ammirare la valle in tutta la sua estensione: il fiume Adige con le sue grandi anse ben definite che ondeggiano da un versante all’altro del territorio delimitando gli spazi destinati alle colture, l’autostrada e la ferrovia del Brennero di cui si percepisce ancora il rumore lontano, i centri abitati e le strade secondarie che li raggiungono.
Superato decisamente il migliaio di scalini, proseguendo il cammino si giunge ad una ripida parete rocciosa all’apparenza invalicabile. L’ingegno umano è però riuscito ad escogitare l’ennesima scalinata che si contorce a zig-zag lungo il crinale permettendo di raggiungere in pochi minuti l’estremità superiore. A metà di quest’ascesa, in una grotta naturale è custodita una copia in miniatura della Pietà venerata al Santuario. La vista è mozzafiato.
Finalmente e solo arrivati a questo punto si riesce a scorgere il Santuario in tutta la sua incredibile bellezza. Impossibile non chiedersi come gli ideatori abbiano potuto concepire e infine realizzare un’opera all’apparenza così precaria ma la sacralità del luogo ne è evidentemente la risposta: accessibile solo da chi è disposto a faticare, a livello fisico e mentale, in vista di vantaggi spirituali. Si prosegue in leggera salita, sempre con la vista della chiesa sulla destra, per poi lasciarla scomparire di nuovo fino al momento dell’arrivo.
Mancano ancora pochi passi e , una volta superato il Ponte del Tiglio si entra nello spazio vero e proprio del Santuario. L’accesso avviene attraverso un’ultima regolare scalinata in pietra dove, ad ogni cambio di direzione, sono posti dei capitelli d’ispirazione sacra che narrano le più significative scene bibliche.
Giunti al sagrato della chiesa si è affascinati dalla verticalità della roccia che si staglia a picco sopra di essa ma solo entrando all’interno si riesce a capire quanto questa montagna faccia parte dell’ambiente sacro: la roccia nuda si fa parete e proprio in essa è incastonata l’immagine di culto oggetto di tanta devozione: una statua in pietra locale risalente al 1432, raffigura la Madonna che tiene tra le braccia il Cristo deposto dalla croce.
Una leggenda molto diffusa a livello non solo locale narra che tale opera sarebbe stata li trasportata da Rodi in una notte del 1522 da una schiera di angeli scesi dal cielo per sottrarre l’immagine della Madre di Gesù alla furia turca. La fede e la devozione popolare negli anni immediatamente successivi indussero gli abitanti, sempre secondo leggenda, a costruire il Santuario.
La storia tuttavia come già vi ho accennato racconta altro. Da un livello inferiore rispetto al sagrato si accede alla Sala delle Confessioni al cui interno è collocata la “Scala Santa”, riproduzione della scala salita da Gesù per raggiungere l’aula dove avrebbe subito l’interrogatorio di Ponzio Pilato prima della crocifissione. L’atto di devozione prevede che i 28 scalini siano saliti rigorosamente in ginocchio pregando il Signore e meditando sulla passione di Cristo.
Se avete cominciato il percorso al mattino si sarà fatta ormai ora di pranzo. Se siete quindi ancora a stomaco vuoto fate l’ultimo sforzo per raggiungere il sovrastante paese di Spiazzi, frazione del Comune di Caprino Veronese. Imboccate la strada in leggera salita alla destra del negozietto di souvenirs e, attraversata una galleria artificiale lunga qualche decina di metri, camminate sempre in salita lungo la via pavimentata che prosegue a tornanti. A Spiazzi trovate buone opportunità di ristorazione e una stupenda vista della parte meridionale del lago di Garda e della penisola di Sirmione.
Non vi resta ora che compiere il percorso a ritroso! Seguite le indicazioni per Brentino evitando l’ingresso nello spazio del Santuario e godetevi la vista da un’angolazione altrettanto suggestiva.
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Il Monte Baldo
Il Monte Baldo è una catena montuosa situata al margine meridionale delle Alpi, affacciata sulla Pianura Padana, distesa per 35 km tra il Lago di Garda e la Valle dell’Adige. Il Baldo è costituito prevalentemente da rocce sedimentarie di tipo carbonatico (calcari) formatesi decine di milioni di anni fa su fondali marini per deposizione di detriti. In seguito alla compattazione, questi fondali, furono sottoposti a sollevamento dovuto alle spinte tettoniche della zolla africana verso quella euro-asiatica, che provocarono alla fine dell’Era Secondaria (65 milioni di anni fa) l’emersione della catena alpina. A livello locale, la formazione del Baldo fu favorita da spinte esercitate, verso Est, dalle Prealpi Bresciane e, verso Ovest, dal blocco dei Monti Lessini. Il sollevamento del Monte Baldo coincide con l’approfondimento della fossa tettonica del Lago di Garda.
Con le sue 1952 specie floristiche, il Monte Baldo possiede ben il 43% dell’intera flora delle Alpi, pur estendendosi solo sullo 0,2% del territorio alpino. La ricchezza floristica del Monte Baldo è conosciuta da quando, nel 1566, Francesco Calzolari documentò la presenza di centinaia di specie nel suo libro “Viaggio di Monte Baldo”, suscitando un interesse botanico per questa area montuosa che valse a questa montagna l’appellativo di “Hortus Europae”.
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Geologia del Monte Baldo