Bijapur: la chiamano l’Agra del Sud

Vista sulla moschea - Ibrahim Rauza

Bijapur: la chiamano l’Agra del Sud

Bijapur: la chiamano l’Agra del Sud 2498 1836 Sonia Sgarella

La storia dell’ India, tanto affascinante quanto intricata, ci racconta che ad un certo punto, verso la fine del XII secolo, le fertili e ambite pianure del Nord – tra cui certamente quella gangetica – vennero invase da una potenza straniera, proveniente dai passi montani dell’ Hindu Kush, originaria di quel territorio chiamato odiernamente Afghanistan.

Trattavasi, nello specifico, di un potente esercito di combattenti a cavallo e dotati di arco composito, per lo più formato da schiavi o ex schiavi di estrazione turca, persiana e soprattutto afghana, capeggiati dal bellicoso quanto ambizioso Muhammad di Ghur (1160-1206 d.c.), il cadetto di una famiglia di principi di religione sunnita.

A lui, come ci tramandano gli studiosi, toccò in sorte l’importante compito d’iniziare la costruzione di uno stabile potere islamico nell’India del Nord, un potere che, successivamente, si sarebbe esteso a gran parte del subcontinente, inizialmente per mano dei suoi generali.

Fu infatti a uno di questi che venne affidato il compito di impadronirsi di Delhi, quella stessa città nella quale gli verrà conferito il titolo di sultano. Il suo nome era Qutb-ud-din Aibak e fu con lui che, nel 1206, ebbe inizio la storia del sultanato di Delhi e, con essa, quel lungo periodo che cade sotto il nome di “età musulmana”, destinata a concludersi definitivamente solo nella metà del Settecento.

Un’età che vide il succedersi di numerosi sovrani e il progressivo quanto inevitabile sfaldamento del potere politico tanto più il dominio del sultanato si espandeva verso sud. Non furono rari infatti i tentativi di ribellione dei membri della classe dirigente sultaniale i quali, approfittando della distanza da Delhi, riuscirono nell’impresa di dare origine a sultanati indipendenti, tra cui quello forse più famoso e certamente più meridionale, sultanato bahmanide.

Il sultanato bahmanide e l’impero Vijayanagara – creato nel 1336 da alcuni principi hindù del Meridione come reazione contro il sultanato di Delhi – divennero a questo punto, i protagonisti della lotta per l’egemonia nel Deccan. Una situazione che tuttavia non durò per molto perché, già alla fine del Quattrocento, il sultanato bahmanide si dissolse, dando origine a cinque stati indipendenti, che altro non fecero se non aumentare il numero dei contendenti nella lotta per il potere.

Tra questi (BijapurGolcondaAhmednagarBidar e Berar) fu sicuramente il sultanato di Bijapur il più dinamico e longevo e che si seppe, tra l’altro, maggiormente adattare al contesto hindù. Fondata dai Chalukya di Kalyani nel X secolo con il nome di Vijayapura (“città della vittoria”), Bijapur divenne nel 1518 la capitale della dinastia degli Adil Shah che governarono le redini del neonato sultanato indipendente fino al 1686, quando la città cadde sotto il controllo dell’impero Mughal.

Costantemente in lotta con l’impero Vijayanagara e con gli altri sultanati del Deccan, i governatori della dinastia Adil Shah dotarono Bijapur di imponenti fortificazioni nonché di meravigliosi monumenti che le renderanno in seguito il titolo di “Agra del Sud”. Nonostante infatti, ad un primo impatto, si potrebbe pensare di essere giunti nell’ultimo avamposto dell’India meridionale, basterà poco per ricredersi e realizzare di trovarsi invece in quella che fu la più imponente città musulmana nell’India del Sud.

Un centro di cultura e di apprendimento, un luogo di scambi e di commerci, fu soprattutto sotto il governo di Ibrahim Adil Shah II (1556-1627 d.c.) e di Mohammed Adil Shah (1627-1656 d.c.), profondamente dediti alle arti e all’architettura, che la città fortificata venne abbellita con due perle preziose: l’Ibrahim Rauza e il Golgumbaz.

l’Ibrahim Rauza:

Commissionato originariamente per essere la tomba di Taj Sultana, moglie di Ibrahim Adil Shah II e quindi regina del sultanato, l’Ibrahim Rauza finirà per essere il luogo di eterno riposo di entrambi, situato a poco meno di un kilometro a ovest dei bastioni, all’esterno quindi della cinta muraria che circonda il centro cittadino.

Ibrahim Rauza - Bijapur

Ibrahim Rauza – Bijapur

Costruito nel 1626, trattasi di un luogo incantevole che colpisce per la sua grazia e semplicità, di un paradiso di pace lontano dal traffico e dalle orde di turisti che affollano invece le bellezze del Nord, di un complesso composto da una tomba e da una moschea che si specchiano l’una nell’altra dai lati opposti di una grande vasca per le abluzioni, sfoggiando al cielo i loro meravigliosi minareti che terminano a forma di bocciolo di fiore (o a forma di cipolla, per i meno poetici).

Decorazioni, intarsi ed iscrizioni di altissimo livello artistico ricoprono i pilastri, le arcate, i portali e le finestre di entrambi gli edifici rendendolo davvero uno dei massimi esempi di architettura musulmana in India del Sud, quello che, secondo la tradizione, avrebbe ispirato Shah Jahan nella costruzione del Taj Mahal, il mitico simbolo dell’India.

Intaglio nel legno - Ibrahim Rauza

Intaglio nel legno – Ibrahim Rauza

Iscrizioni - Ibrahim Rauza

Iscrizioni – Ibrahim Rauza

Finestre della moschea - Ibrahim Rauza

Finestre della moschea – Ibrahim Rauza

– Il Golgumbaz:

Sicuramente l’edificio più famoso di Bijapur, visibile da quasi ogni angolo della città, il Golgumbaz, il cui nome significa “cupola tonda”, svetta maestoso ad un’altezza di 50 metri, a poca distanza dalla porta Est, all’interno delle mura cittadine.

Golgumbaz - Bijapur

Golgumbaz – Bijapur

Costruito a partire dal 1626 dal successore di Ibrahim – Mohammed Adil Shah – l’edificio venne concepito come mausoleo destinato alle spoglie del sovrano stesso, nonostante dovettero passare altri trent’anni prima della sua morte (e del completamento dell’opera).

Con un diametro di 37,92 metri, la cupola del Golgumbaz – centrale rispetto ai quattro minareti che si innalzano per sette piani agli angoli dell’edificio cubico che ne forma la base – è senza dubbio una delle più grandi cupole del mondo, seconda solo – almeno così sembrerebbe – a quella della Basilica di S. Pietro a Roma!

Avvicinandosi al mausoleo e quindi solo entrando, ci possiamo rendere conto dell’imponenza della struttura e dell’ingegno tecnico e artistico che venne impiegato nella sua costruzione. Dall’interno la cupola sembra davvero non avere supporto!

Salendo una delle scale a chiocciola che si innalzano all’interno dei quattro minareti ottagonali, potrete raggiungere dapprima la balconata esterna alla cupola, da cui godere di ottime viste sulla città e quindi quella interna, la cosiddetta “Galleria dei Sussurri” (Whispering Gallery),  dalla quale vi potrete affacciare nel vuoto, proprio sopra alla tomba del grande sovrano.

E’ questo il luogo dove ogni suono sussurrato in un angolo, potrà essere chiaramente ascoltato all’angolo opposto, dove riecheggerà per almeno undici volte. Un ambiente magico, la cui quiete viene però presto disturbata dalle orde di studenti che tenteranno di fare arrivare il suono della loro voce il più lontano possibile! Se volete evitarli, cercate di arrivare entro le 8. Il mausoleo apre alle 6…

Golgumbaz - Ingresso

Golgumbaz – Ingresso

Golgumbaz- Dettagli decorativi

Golgumbaz- Dettagli decorativi

Golgumbaz - Interno del mausoleo

Golgumbaz – Interno del mausoleo

Ma le bellezze di Bijapur certo non si esauriscono qui. Vi sono infatti numerosi altri luoghi a cui potrete dedicare del tempo durante la vostra permanenza in questa indaffarata città del Karnataka:

– la Jama Masjid, la moschea che venne commissionata nel 1565 da Ali Adil Shah I (1558-1579 d.c.) per commemorare la vittoria nella battaglia di Talikota del 26 gennaio, che vide i sultanati del Deccan sconfiggere definitivamente l’ultimo grande impero meridionale: quello dei Viajayanagara;

– il Mehtar Mahal, una delle più eleganti strutture di Bijapur, nonostante le sue modeste dimensioni. Trattasi di una torre a due piani, abbellita da meravigliose finestre con balconcini decorati in stile indo-saraceno e coronata da due snelli minareti di fattura altrettanto pregevole. Dalla porta si accede alla moschea retrostante;

– il Gagan Mahal, all’interno di quello che rimane della Cittadella, fu un tempo il “Palazzo Paradisiaco” costruito nel 1561 da Ali Adil Shah I per essere utilizzato come sua residenza. Fu in seguito usato dagli altri sultani come durbar o “sala delle udienze”;

Gagan Mahal - The Citadel - Bijapur

Gagan Mahal – The Citadel – Bijapur

– il Bara Kaman (“dodici archi”), un mausoleo commissionato da Ali Adil Shah II (1657-1672 d.c.) nel 1672 ma rimasto purtroppo incompiuto per via della sua morte improvvisa. Vuole la tradizione che l’edificio dovesse raggiungere un’altezza tale che la sua ombra potesse oscurare l’imponente Golgumbaz e quindi la fama di suo padre.

Bara Kaman - Bijapur

Bara Kaman – Bijapur

– infine il Malik-i-Maidan, un cannone dal peso di 55 tonnellate, forse il più grande cannone medievale mai forgiato.

Detto questo dunque e nonostante sia probabile che nessun abitante hindù del Karnataka troverà motivo per consigliarvi una visita a Bijapur – città oltretutto a maggioranza  musulmana – il mio consiglio è quello che voi ci andiate lo stesso per giudicare coi vostri occhi se davvero esista una città degna dell’appellativo di “Agra del Sud”! Buon viaggio!

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