Torniamo oggi in Karnataka, nella terra della lingua Kannada, il settimo stato dell’India per estensione, l’ottavo per popolazione, luogo di confine tra il centro e l’estremo sud del paese, dove il silenzio e la quiete dei villaggi medievali si contrappongono alla frenesia e al rumore delle città moderne, tra cui, in primis, ovviamente Bangalore, la “Silicon Valley” d’Oriente.
La storia del Karnataka, così come, in definitiva, quella dell’India intera, fu una storia di scontri e incontri: una storia di battaglie, di perdite, di troni usurpati; ma anche storia di alleanze, di conquiste, di feudatari divenuti regnanti; storia di una fusione di tradizioni diverse che diedero vita a stili originali, più unici che rari.
Vi ricordate dunque dei Primi Chalukya Occidentali (VI-VIII sec.), autori delle meraviglie di Badami, Aihole e Pattadakal? Venivano così chiamati per distinguerli da altre branche della stessa dinastia che si successero nel tempo, quali i Chalukya Orientali (VII-XII sec.) e i Tardi Chalukya Occidentali (X-XII sec.).
Fu proprio da questi ultimi, detti anche Chalukya di Kalyani, che originò il regno indipendente degli Hoysala, loro subordinati fino al 1187, anno in cui il sovrano Veera Ballala II (1173-1220 ca.) realizzò l’ambizione d’indipendenza che fu già di suo nonno Vishnuvardhana (1108-1152 ca.).
Un’indipendenza a lungo cercata, che vide una famiglia inizialmente di modeste origini, raggiungere dapprima lo status di regno, per poi gradualmente istituire un vero e proprio impero nello stato del Karnataka, destinato ad una vita grandiosa e fiorente, che lascerà un’impronta indelebile nella storia di quel particolare stile architettonico templare chiamato vesara, cioè “mulo”.
Il nome sta chiaramente ad indicare una forma ibrida, intermedia, che si differenzia, ma che allo stesso tempo fonde in un unico genere, le caratteristiche delle due architetture templari più diffuse: quella nagara, “del nord” e quella dravida, “del sud”.
Fra gli esemplari di maggior pregio che vengono catalogati come vesara si annoverano appunto alcuni complessi templari costruiti sotto la dinastia degli Hoysala, tra cui il Tempio di Chennakeshava, a Belur, e il tempio di Hoysaleshvara, ad Halebid.
Belur, che fu la prima capitale del regno degli Hoysala, costituisce una delle maggiori destinazioni turistiche nello stato del Karnataka, situata nel cuore della campagna a soli 30 kilometri circa da Hassan, il capoluogo dell’omonimo distretto.
Ancora oggi attivo, il tempio cittadino, dedicato a Chennakeshava (una delle 24 forme di Vishnu), venne costruito nel 1117 dal re Vishnuvardhana al fine di celebrare la sua vittoria contro i Chola di Thanjavur a Talakad.
Quello che, a primo impatto, potrebbe sembrare un tempio di modesta struttura, dal tetto piatto e sviluppato insolitamente in una prospettiva di larghezza piuttosto che di altezza, dando un’occhiata più approfondita e avvicinandosi alle facciate, risulta invece essere un’opera d’arte stupefacente, dove la profusione di favolosi dettagli e la raffinatezza delle sculture, lasciano il visitatore stupefatto e senza parole.
Costruito su una piattaforma elevata a forma di stella, come è tipico dei migliori esempi di epoca Hoysala, il tempio di Chennakeshava è costituito da un’unica cella, preceduta da un vasto padiglione colonnato che, aperto in origine, fu in seguito chiuso con l’utilizzo di affascinanti grate traforate.
E sono proprio le colonne, che troviamo riprodotte anche all’esterno, l’elemento peculiare che caratterizza l’architettura Hoysala: ottenute al tornio, sembra che siano composte di tanti dischi impilati uno sopra l’altro.
Centinaia, se non migliaia di immagini divine ricoprono ogni centimetro delle facciate del tempio, che si susseguono a zig-zag creando spazio per la fittissima scultura. La facilità di modellazione della roccia saponaria utilizzata nella costruzione del tempio, che a contatto con l’aria in seguito si indurisce e si lucida, ha permesso ai vari artisti di lasciarci opere di grande valore, il cui intaglio intricato ricorda molto le lavorazioni dell’avorio e del legno di sandalo, ancora diffuse nella regione.
La maggior parte di queste figure è, in effetti, firmata dallo scultore, un fatto non comune nell’arte dell’India antica, e comunque mai prominente come in quest’epoca e regione. Famose e pregiatissime sono le figure femminili, dette madanika, shalabhanjika o apsara, che formano come delle mensole fra le colonne e il tetto del padiglione, leggermente inclinate perché siano ben visibili anche dal piano della circumambulazione rituale. Tra tutte, la più rinomata è forse quella di Darpana Sundari, “la bella con lo specchio”.
Da notare, in entrata, anche la bella statua di Garuda, il veicolo di Vishnu.
L’altro grande monumento nello stile ornato degli Hoysala è il Tempio di Hoysaleshvara ad Halebid, a soli 16 kilometri da Belur. Un tempo chiamata Dorasamudra, la città – che fu capitale del regno sotto il governo di Veera Ballala II – venne rinominata Hale-bidu (“città morta”) in seguito al suo saccheggio e alla sua distruzione avvenuta nel 1311 per mano del Sultanato di Delhi.
Il tempio, consacrato al culto di Shiva, venne costruito all’incirca fra i 1121 e il 1160. Come il Chennakeshvara, anche l’Hoysaleshvara si estende in una prospettiva orizzontale ed è probabile che, in entrambi i casi, le elevazioni della cella siano semplicemente andate distrutte, piuttosto che non essere mai state ultimate.
Il complesso, anche in questo caso, è costruito su una piattaforma dalla pianta stellata ma questa volta i santuari sono due, uno posto accanto all’altro in modo simmetrico, ciascuno preceduto da un’ampia sala e collegati fra loro da un transetto. Davanti ad entrambi, un padiglione per il toro Nandin, cavalcatura di Shiva.
Sulle pareti esterne l’arte Hoysala raggiunge il massimo splendore: forme fluide realizzate con straordinaria meticolosità, danno vita ad un insieme di esuberante armonia. Tra le tante sculture ve ne sono alcune di particolare fascino e interesse: il Demone Ravana nell’atto di scuotere il Monte Kailash, dimora di Shiva e Parvati;
Shiva che sconfigge il Demone Elefante (Gajasura Murti);
Krishna che solleva con un braccio la montagna di Govardhana per proteggere il suo popolo dalla pioggia torrenziale;
e poi ancora Durga che sconfigge il Demone Bufalo, Vishu nella forma di Cinghiale, processioni di guerrieri a cavallo, episodi del Mahabaratha e del Ramayana, ninfe celesti, danzatrici divine, animali, decorazioni floreali, il tutto volto ad una costante divulgazione della fede induista.
Entrambi i complessi appena descritti sono stati proposti per essere inseriti nella lista dei Patrimoni Mondiali dell’Unesco in quanto considerati di eccezionale valore universale. Tre sono le motivazioni allegate alla domanda, ognuna delle quali rispondente ad uno dei dieci criteri previsti nelle Linee Guida per l’Attuazione della Convenzione del 1972:
– Criterio(ii): i complessi degli Hoysala mostrano un importante interscambio di valori umani.
In una regione dove spesso vishnuiti e shivaiti si trovavavno in conflitto ideologico, i complessi degli Hoysala creavano un ponte di comunicazione, riconoscendo e rispettando entrambe le fedi. Non solo, gli Hoysala furono anche grandi sostenitori della fede jainista. In secondo luogo, lo stile ibrido dei templi Hoysala è testimone di un sincretismo non solo religioso ma anche architettonico.
-Criterio(iii): i complessi degli Hoysala costituiscono una testimonianza eccezionale delle straordinarie realizzazioni artistiche, dell’abilità architettonica e del contributo culturale apportato da una civiltà ormai scomparsa.
La piattaforma a pianta stellata, le colonne tornite, gli intagli squisiti e l’attenzione riposta nello scolpire i minuziosi dettagli ornamentali, gli hanno fatto guadagnare il riconoscimento come eccezionali capolavori di arte.
-Criterio(vi): i complessi degli Hoysala possono essere associati a tradizioni e opere che ancora sopravvivono nel tempo.
Il culto all’interno dei templi è sempre rimasto attivo, la lingua e la letteratura kannada si svilupparono proprio in questo periodo così come la danza Bharatanatyam, che veniva rappresentata nei padiglioni adiacenti al tempio principale. Tutte tradizioni che sopravvivono ancora nei giorni nostri.
Stiamo dunque a vedere: i complessi templari degli Hoysala potrebbero diventare la trentatreesima proprietà indiana iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco.